Buongiorno, notte: Dinamiche familiari e la prospettiva dei mass media

Katherine Susca, University of Southern California

with acknowledgements to Dr. Cristina Villa

Nel film Buongiorno, notte (2003), Marco Bellocchio cerca di rappresentare il rapimento di Aldo Moro in una maniera del tutto nuova: sia come un melodramma familiare sia come un'analisi della ricostruzione storica del caso Moro fatta attraverso i mass media. Bellocchio rifiuta “la ricostruzione storica, l’analisi della complessità della situazione politica di quegli anni,” e afferma: “a me interessava analizzare i rapporti che si erano stabiliti nella casa dove Moro fu tenuto prigioniero. Perciò mi sono preso alcune libertà” (Marini-Maio 201). Queste libertà includono il cambiamento del personaggio storico di Anna Laura Braghetti con quello di Chiara, l’immagine di Moro come una figura paterna, e l’idea dei terroristi come una famiglia. Il regista intreccia i messaggi dei mass media – della radio, dei giornali, e della televisione – per tutto il film, rivelando, invece dei fatti storici del rapimento, il meccanismo con cui il pubblico segue gli eventi.

Il film è un adattamento cinematografico del libro Il prigioniero di Anna Laura Braghetti. Lei era una dei brigatisti che hanno tenuto imprigionato Aldo Moro durante la sua carcerazione, e questo libro contiene le sue memorie. Nel film, Chiara è il nome dato al suo personaggio, ed è una figura materna, stereotipicamente padrona di casa, e quasi infantile nella sua innocenza. All’inizio del film, lei è pazza di gioia nel vedere i fuochi d’artificio per capo d’anno (Hoberman), correndo fuori di casa per osservarli meglio. Pulisce, cucina, fa il bucato e la spesa. Piange molte volte, è l’unica donna nell'appartamento, e non sembra essere molto interessata alla politica. Simpatizza più degli altri con Moro, e alla fine sogna di lasciarlo libero. Invece, nella realtà, Braghetti non era una ‘terrorista pentita,’ aveva una forte opinione politica, che, infatti, la porterà ad uccidere un altro uomo politico[1] due anni dopo il rapimento Moro (O’Leary 40). La passività e la femminilità di Chiara sono un’illustrazione artistica della paura del pubblico e dell’impotenza del governo durante la crisi.

Dall’altro lato, Moro è una figura paterna, sempre impotente e timorosa, ma consapevole e quasi profetica. Lui capisce la situazione e le ramificazioni politiche per le Brigate Rosse meglio degli altri personaggi: è lui che dichiara che “[diventerà] un martire,” e che non devono ucciderlo. Quando parla con gli altri personaggi, assume un’aria paterna, di chi sa tutto ed è compassionevole anche se non è  d’accordo con i loro modi. Sullo schermo, viene legato all’immagine del padre di Chiara attraverso i sogni di lei, e attraverso i racconti dei partigiani-padri, che sono morti in circostanze simili (Combs). È presente un’insistenza sul suo ruolo familiare, sull’esistenza e l’abbandono di sua moglie e di suo nipote Luca – amplificata dalla lettura ad alta voce della sua lettera di addio alla moglie. Il pathos della sua famiglia, la sua comprensione della situazione da tutti i punti di vista, e il suo stato di ‘punto focale’ nella casa, gli conferiscono una posizione da ‘padrone di casa.’

Con Chiara come padrona e Moro come padrone, tutti i personaggi principali diventano un tipo di famiglia strana. Anzi, il film utilizza le convenzioni del melodramma familiare (Mercer): è ambientato in una casa, gli spazi sono chiusi e claustrofobici (simbolo della pressione della dinamica familiare), include scene tipiche delle relazioni familiari (la cena a tavola, il guardare il telegiornale, cucinare, fare la spesa, dormire), l’uso della musica per creare emozioni (in particolare durante le sequenze fantastiche), una donna come personaggio principale (Chiara, invece di Moro come ci si aspetterebbe),  momenti di isteria (quando Chiara diventa furiosa con Enzo, o Moretti), e la presenza di uno straniero che cambia la dinamica familiare (Moro). Inoltre, la separazione distinta fra il buono e il cattivo può essere vista come una convenzione melodrammatica. Anche se non è chiaro nel film cosa sia il bene e cosa sia il male, c’è l’idea che la distinzione esista, ma che i personaggi non riescano a capirla. Alcuni pensano che il bene sia il comunismo, altri pensano che lo sia il Partito Democratico Cristiano, altri ancora non hanno deciso. Infine, ci sono immagini di vita e di morte. C’è il neonato della vicina sul divano proprio nello stesso momento in cui i terroristi portano Moro a casa: un simbolo della rivoluzione del proletariato che è appena nato col rapimento, o un ricordo dei problemi politici che la nuova generazione deve affrontare? C’è una coppia appena sposata durante il canto di un inno partigiano, durante la celebrazione dell’anniversario della morte del padre di Chiara: un simbolo dei legami fra i partigiani ed i brigatisti, o un’immagine di un nuovo tipo di resistenza totalmente diversa? Ci sono i canarini che sono tenuti in gabbia, ma scappano: simboli di Moro, dei brigatisti, o della mente del pubblico imprigionato dai mass media? L’uso del melodramma in questo film è molto complesso, ma offre un modo alternativo per capire i personaggi e il loro rapporto.

Anche la presenza dei mass media è utile per comprendere il rapporto dei personaggi col mondo intorno a loro. Anzi, si può dire che questo è un film sul rapporto fra i personaggi, e fra il pubblico e i mass media, piuttosto che un film sul rapimento di Aldo Moro. Infatti, sullo schermo non viene mostrato niente degli avvenimenti storici importanti del rapimento: il massacro della scorta armata, l’omicidio di Moro, una spiegazione esplicita dell’ideologia comunista, ed i vari possibili complotti sono tutti assenti. Persino i terroristi sembrano guardare la televisione per informarsi sulle cose che loro hanno fatto. Il film inizia con una visita all’appartamento e la costruzione della prigione. Il personaggio principale è la donna, che non è coinvolta direttamente con il rapimento o l’omicidio. Quindi, è apparente che questo non è un film sul rapimento Moro da un punto di vista storico, non è una ‘ricostruzione’ degli eventi, o un’indagine analitica delle ideologie, ma è piuttosto un racconto dei personaggi messi, per scelta o per forza, in una situazione stressante ed emozionante, e come questi la affrontano.

L’intertestualità è uno dei modi che il regista impiega per spiegare come le persone moderne affrontano problemi nella società. La televisione diventa un compagno costante dei terroristi, spiegando gli eventi, le tragedie, le reazioni e gli sviluppi nel caso Moro. Forse è strano che anche i brigatisti debbano guardare la televisione, leggere tanti giornali ed ascoltare la radio per sapere come le loro azioni stanno influenzando il pubblico, ma, in realtà, i mass media sono il modo in cui il popolo comunica in questi giorni. Il rapimento Moro è stato la prima istanza di “round-the-clock news reporting” in Italia (O’Leary 37), e quindi l’immagine dei brigatisti intorno alla televisione è tipico di questo tempo: un’immagine realistica sul comportamento di tutte le famiglie italiane dell’epoca.

Altri casi di intertestualità del film includono i riferimenti ad altri film, alla letteratura, ed alla musica. Il nome del film, tradotto da una poesia di Emily Dickinson, rimanda a una sceneggiatura trovata in possesso di Moro (uno dei dettagli presi dal libro di Braghetti – c’era davvero una scenaggiatura in suo possesso [Braghetti 12]). Questa poesia di Dickinson è un lamento per il rifiuto di un amore (cioè il sole, il giorno), e il conseguente desiderio e benvenuto alla notte (cioè la morte). Questo titolo mette a fuoco non solo la morte imminente di Moro, ma anche la morte delle Brigate Rosse, causata proprio dal rapimento di Moro, che non riesce a ispirare una rivoluzione. I film citati fanno parte dei sogni di Chiara: riprese famose di Paisà (1946) di Rossellini, e un documentario sulla vita di Lenin, da una film di propoganda stalinista, legano le azioni dei brigatisti a quelle dei fascisti, e la morte del padre di Chiara alla incombente morte di Moro (Bonsaver). La presenza dei filmati d’attualità, dei funerali della scorta armata, del funerale di Stato di Moro, e dei telegiornali, dà un senso di realtà e d’urgenza al film. Infine, l’uso particolare di una musica evocativa nel film, e specificamente l’uso dei Pink Floyd durante il sogno del ‘Moro libero,’ esprime l’ansia, la claustrofobia ed i sentimenti repressi dell’epoca (Bonsaver), facendo anche riferimento all’epoca stessa.

L’epoca in cui è ambientato, l’enfasi sulla storia e la creazione di certi personaggi ed eventi intorno a questa storia vera ricorda per certi versi il Manzoni. Si può dire che questo film continui la tradizione italiana di esplorare la verità storica attraverso l’arte (anche se questa verità di Bellocchio è quella dei mass media e non quella degli eventi in sé). Manzoni scriveva che “l’essenza della poesia non consiste nell’inventare dei fatti,” ma “nel conoscere l’uomo, nello scoprire quello che vi è di autentico e di intimo nella sua natura, nel vedere l’effetto dei fenomeni esterni sulla sua anima” (Manzoni). Manzoni propone che questo possa essere ottenuto attraverso un tipo di ricostruzione storica in cui l’artista crea “uno sviluppo armonico,” per spiegare sia la natura umana, sia la realtà storica. Bellocchio utilizza questo tipo di indagine storica per capire i personaggi dei terroristi e di Moro, ricreando la loro prigione e l’atmosfera intorno a loro (con la televisione, la musica, ecc.). Il film è basato sulla storia, ma i personaggi vengono sviluppati, osservati e capiti con un moto simpatetico di cui la storia, con i suoi fatti aridi, non sarebbe capace. Si vedono i sogni di Chiara, la disperazione dei terroristi, la tristezza e solitudine di Moro, l’ansia di tutti, e diventa possibile capire “tutto quello che la volontà umana ha di forte o di misterioso” (Manzoni). Bellocchio mette sullo schermo un ritratto commovente dei personaggi storici (e quasi-storici, come Chiara) ed i loro sentimenti, pensieri, speranze, e paure.

Però, anche se il film utilizza questo modo tradizionale di costruzione storica per capire gli uomini, il suo stile non è affatto tradizionale, ma decisamente post-moderno, anzi post-post-moderno. Sono presenti molti degli elementi del New Italian Epic inBuongiorno, notte, in particolare lo “sguardo obliquo,” le “ucronie potenziali,” e gli “oggetti narrativi non identificati” (Wu Ming). Lo “sguardo obliquo” è l’uso di un punto di visto strano – come quello di un terrorista, o per essere più specifici, dell’unica donna di un gruppo terroristico. Le “ucronie potenziali” sono le manifestazioni delle vie alternative che la storia avrebbe potuto prendere – come l’idea che Chiara avrebbe potuto lasciar andare via Moro. Gli “oggetti narrativi non identificati” sono quelle opere che non possono essere categorizzate nitidamente nei generi esistenti – come questo film, che è un melodramma familiare, politico, storico, con elementi romantici e tragici.

In conclusione, Buongiorno, notte è un film utile per capire non i fatti storici del caso Moro, ma le tragedie personali dei personaggi coinvolti e la realtà dell’influenza dei mass media sulla vita moderna. Il tema ricorrente degli occhi nel film può spiegare in gran parte lo scopo di Bellocchio – tante volte la cinepresa mette in primo piano gli occhi dei personaggi, come quando Chiara guarda Moro attraverso il buco della serratura, quando Moro guarda la cinepresa dalla sua prigione, quando gli occhi di Moretti sono visibili anche quando la faccia è mascherata, quando i terroristi guardano fissi la televisione, leggono i giornali, o sbirciano dalle finestre.Buongiorno, notte è la spiegazione melodrammatica del caso Moro, l’indagine dei personaggio coinvolti, un’analisi del modo in cui la storia è creata attraverso i mass media, ma è anche il tentativo di Bellocchio di vedere questa storia con occhi nuovi.

(1) Il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Vittorio Bachelet (Braghetti 130)

 

Works Cited: 

Bonsaver, Guido. "The Rome Cell." Sight and Sound 2004: 28-9. International Index to Performing Arts Full Text. Web. 12 Apr. 2011.

Braghetti, Anna Laura. Il prigioniero. Milano: Giangiacomo Feltrinelli, 2005. Libro.

Buongiorno, notte. Reg. Marco Bellocchio. Att. Maya Sansa, Luigi Lo Cascio. Rai Cinemafiction, 2003. Film.

Combs, Richard. "Good Morning, Night." Film Comment 2005: 73-4. International Index to Performing Arts Full Text. Web. 12 Apr. 2011.

Hoberman, J. "Voice Choices: Film: Good "Night," and Bad Luck in an Italian Political Thriller." The Village Voice 2005: 61-.International Index to Performing Arts Full Text. Web. 12 Apr. 2011.

Manzoni, Alessandro. “La teoria del verosimile.” Lettre à Monsieur Chauvet. Webalice.it. 12 Apr. 2011.

Marini-Maio, Nicoletta. "Specters are Haunting Italy: Left-Wing Terrorism and the Tragic Plot of the Moro Affair in Italian Culture, Theater, and Film." 2006. ProQuest. Web. 12 Apr. 2011.

O'LearyAlan. "Dead Man Walking: The Aldo Moro Kidnap and Palimpsest History in Buongiorno, notte." NC 6.1 (2008): 33-45.Proquest. Web. 12 April 2011.

Wu Ming. “Premessa alla versione 2.0 di New Italian Epic.” Wu Ming Foundation. Web. 12 Apr. 2011.

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